#28/07/2022

Scegliere il carattere per progetti di carattere

Uno dei momenti più delicati per un progetto di comunicazione è senz’altro la scelta del carattere (font) da utilizzare. Si tratta infatti di una scelta d’identità, che trasmette obiettivi e messaggi specifici e che non può prescindere dall’argomento trattato, dai destinatari, dalla forza e dal tono da imprimere al progetto stesso. È quindi fondamentale, a seconda degli intenti, fare una scelta appropriata: non esistono font belli o brutti, ma semplicemente font adeguati o non adeguati a quel progetto nello specifico.

Ma da che cosa deriva il termine font?

Nell’epoca in cui la composizione tipografica era manuale, un “carattere” era un insieme completo di glifi in un particolare corpo e stile: ogni diversa a, b e c maiuscola e minuscola, ogni simbolo e ogni segno di interpunzione.

La parola “font”, invece, viene da “fund”, inteso come il fondo, la quantità di caratteri da cui si selezionavano le lettere.

Oggi “font” indica semplicemente un particolare tipo di carattere, che può arrivare ad avere fino a dieci o venti varianti, ciascuna con un peso e uno stile leggermente diversi sulla pagina anche se, spesso, i termini “font” e “carattere” vengono usati come sinonimi.

Quest’uso equivalente dei due termini non è piaciuto all’Accademia della Crusca che ha fatto sentire la sua voce in merito affermando che

“Le fonti non vanno confuse con i caratteri. Con fonte si intendono tutti i caratteri disponibili in certe dimensioni, stile e peso di una particolare foggia; con carattere si intende invece il disegno vero e proprio”.

La stessa Accademia si è poi spinta oltre affermando che è corretto usare “il font” per la terminologia informatica e la font in ambito tipografico.

Noi (e – dite la verità – anche voi) siamo abituati a dire sempre IL font.

Non ce ne vogliano gli esimi linguisti e non la considerino una mancanza di rispetto se continueremo a farlo: è che LA font non riusciamo proprio a dirlo, sorry.

Comunque, attualmente al mondo esistono più di centomila font diversi, all’interno dei quali ciascuna lettera ha una geografia tutta sua, un suo perché, un suo modo di comunicare. Quando preferiamo l’Helvetica al Bodoni, o quando un creativo è più propenso a usare il Baskerville che il Franklin Gothic, quindi, quali sono i fattori che intervengono a condizionare queste decisioni?

La risposta non è semplice, diversa sicuramente per ogni creativo che approcci un nuovo lavoro: serve sensibilità e una grande esperienza per attribuire ad ogni progetto il font più efficace.

Nei prossimi post vi racconteremo esempi, aneddoti e le nostre esperienze su come le emozioni e si possano trasmettere su lettere, caratteri e parole, dando vita a progetti che “parlano” e che “fanno parlare” le cose.

Talking things, appunto.

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